Principi di Tassazione dei fondi d’investimento immobiliare
Deve premettersi che il regime di tassazione dei fondi d’investimento immobiliare prevede l’esenzione dalle imposte dirette per cui la tassazione è in capo al possessore delle quote al momento della percezione di proventi, della liquidazione delle quote e in caso di vendita delle stesse sul mercato.
In pratica la normativa fiscale prevede uno spostamento della tassazione dall’attività di impresa, che di fatto, ai fini del computo delle imposte, viene considerata non esercitata, trattandosi di una gestione patrimoniale effettuata da un intermediario abilitato, anche in considerazione del ruolo costituzionalemnte tutelato del risparmio, in funzione del quale il legislatore ha voluto garantire un vantaggio in termini di tassazione dei fondi d’investimento immobiliare
La tassazione, pertanto, non grava sui risultati della gestione, ma sulla distribuzione del reddito. In tal senso, solo per completezza espositiva, deve osservarsi che gravano le seguenti imposte:
L’ Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 19/E del 27 giugno 2014, recante norma sulla tassazione dei fondi d’investimento immobiliare ha chiarito che l’aliquota del 26% si applica: − “sulla parte dei proventi distribuiti in costanza di partecipazione all’organismo di investimento dal 1° luglio 2014. A tal fine, rileva la data di messa in pagamento dei proventi a prescindere dalla data della delibera di distribuzione”; − “sui proventi di ogni tipo realizzati a decorrere dal 1° luglio 2014 in sede di rimborso, cessione o liquidazione delle quote o azioni. In tal senso, detti proventi si considerano realizzati alla data di regolamento dell’operazione”.
Per quanto riguarda i gli apporti ai fondi immobiliari non esiste una disciplina specifica per cui alle operazioni di sottoscrizione di quote di fondi immobiliari mediante conferimento di beni si rendono applicabili le disposizioni tributarie vigenti per i conferimenti in società, considerata la comunanza dei profili strutturali tra conferimento e apporto e l’assenza, nella disciplina di riferimento, di elementi che giustifichino l’applicazione di un differente regime fiscale.
Ne consegue che, ai fini delle imposte sui redditi, considerato che l’art. 9, comma 5, del TUIR, in tema di tassazione dei fondi d’investimento immobiliare, “ai fini delle imposte sui redditi le disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso valgono anche… per i conferimenti in società“, anche alle operazioni di sottoscrizione di quote di fondi immobiliari mediante conferimento di beni si rende applicabile la disciplina delle cessioni a titolo oneroso. L’operazione determina pertanto il realizzo delle plusvalenze (o minusvalenze) risultanti dalla differenza fra il costo fiscale dei beni apportati e il corrispettivo del conferimento. In tal caso, deve considerarsi come corrispettivo del conferimento il valore normale delle quote ricevute dal conferente determinato secondo i criteri dettati dall’art. 9, comma 4, del TUIR,
ossia
A. per le azioni, obbligazioni e altri titoli negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri, in base alla media aritmetica dei prezzi rilevati nell’ultimo mese
B. per le altre azioni, per le quote di società non azionarie e per i titoli o quote di partecipazione al capitale di enti diversi dalle società, in proporzione al valore del patrimonio netto della società o ente, ovvero, per le società o enti di nuova costituzione, all’ammontare complessivo dei conferimenti;
C. per le obbligazioni e gli altri titoli diversi da quelli indicati alle lettere a) e b), comparativamente al valore normale dei titoli aventi analoghe caratteristiche negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri e, in mancanza, in base ad altri elementi determinabili in modo obiettivo.
In quanto equiparati alle cessioni a titolo oneroso, il regime impositivo degli apporti di beni a fondi immobiliari varia in funzione della natura del soggetto apportante e dell’oggetto dell’apporto. Infatti, l’apporto di beni al fondo, qualora sia effettuato da persone fisiche, enti non commerciali, società semplici e soggetti equiparati ai sensi dell’art. 5 del TUIR, determina la realizzazione di un reddito diverso ai sensi dell’art. 67, comma 1, lett. da c) a c-quinquies), del TUIR, se i predetti beni sono costituiti da terreni edificabili o immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, ovvero da partecipazioni qualificate o non qualificate. Nell’ipotesi in cui l’apporto sia effettuato nell’esercizio di un’attività d’impresa commerciale, il corrispettivo concorre invece alla formazione del reddito d’impresa.
Tra l’altro, in luogo dell’applicazione del regime ordinario, le plusvalenze realizzate all’atto di apporto di immobili o di diritti reali su immobili ai fondi immobiliari istituiti ai sensi dell’art. 37 del TUF possono essere assoggettate, a scelta dell’apportante, ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP con aliquota del 26% ai sensi dell’art. 1, commi 137 e 140, della legge n. 296/06 (legge finanziaria per il 2007).
Alternativamente, nel caso delle società, diversamente da come vedrà, quello che accade rispetto alla tassazione dei fondi d’investimento immobiliare, beni e complessi aziendali possono essere ceduti in regime di neutralità fiscale, in questo caso, i plusvalori e i minusvalori evidenziati (al pari di quanto accade nelle fusioni/scissioni) non costituiscono materia imponibile, indipendentemente dai valori civilistici. C’è la continuità dei valori fiscali “storici” sia per il conferente che per il conferitario. Ne consegue che il conferente assume quale valore della partecipazione ricevuta l’ultimo valore fiscale riconosciuto dall’azienda conferita. Il conferimento subentra nella posizione del conferente contabilizzando gli elementi attivi e passivi dell’azienda conferita a valori effettivi.
I valori di perizia, nel caso di conferimento a valori neutri, rilevano quindi solo ai fini civili. Ai fini fiscali vengono viceversa assunti gli ultimi valori fiscalmente riconosciuti (valori storici). La differenza tra il valore fiscale e il valore di bilancio è una plusvalenza, ma se neutrale, in dichiarazione dei redditi non è tassabile. Ne deriva che, in quel caso, ai fini fiscali non emergono plusvalenze e/o minusvalenze né per la conferitaria, né per la conferente. Il maggior valore è iscritto solo nei conti della conferitaria in sospensione d’imposta. Ma per chiarezza la conferitaria deve redigere nella dichiarazione dei redditi un apposito prospetto di riconciliazione tra i dati di bilancio e i dati fiscali (disallineamento da c.d. “doppio binario”). In caso di un conferimento comportante una plusvalenza contabile, si avrà che il conferente non sarà tassato; nel bilancio della conferitaria non potranno essere riconosciuti, ai fini fiscali, i maggiori valori, con l’ovvia conseguenza dell’irrilevanza delle quote di ammortamento dell’avviamento emerso in sede di conferimento, e dei maggiori ammortamenti sui valori dei beni ammortizzabili iscritti a valore di perizia.
Tale regime, quello della neutralità fiscale del conferimento, proprio per la natura agevolata dell’imposizione fiscale del fondo, non è compatibile con il conferimento nel fondo comune di investimento, in cui il conferimento viene in effetti considerato apporto.
Per quanto poi riguarda la tassazione dei fondi d’investimento immobiliare, intesa come imposizione diretta, le operazioni di apporto di beni a fondi immobiliari effettuate da imprese commerciali (imprenditori individuali, società e enti commerciali) sono inoltre soggette all’imposta sul valore aggiunto secondo le disposizioni di cui al d.P.R. n. 633/72. Inoltre, nell’ipotesi di apporto di beni immobili, occorre valutare se sussistono i presupposti per l’applicazione della disciplina contenuta nell’art. 8, comma 1-bis, del decreto legge n. 351/01. La predetta norma stabilisce, infatti, che gli apporti costituiti da una “pluralità di immobili prevalentemente locati al momento dell’apporto” si considerano compresi, agli effetti della disciplina IVA, tra le operazioni escluse dal campo di applicazione dell’IVA ai sensi dell’art. 2, terzo comma, lett. b), del d.P.R. n. 633/72 (ossia tra le operazioni di conferimento di azienda o rami di azienda).
Per quanto concerne le imposte di registro, ipotecaria e catastale, esse si rendono applicabili, in linea generale, secondo la disciplina ordinaria (distinguendo, quindi, tra soggetti passivi IVA e soggetti privati), salvo le eccezioni derivanti da norme speciali. In particolare, per effetto della disposizione contenuta nell’art. 9, comma 1, del decreto legge n. 351/01, gli atti relativi alla sottoscrizione di quote, anche mediante apporto di beni, devono ritenersi non soggetti a registrazione, nel caso in cui siano stati stipulati per scrittura privata non autenticata, e l’imposta di registro si rende dovuta in misura fissa di euro 168 tanto nel caso in cui i medesimi atti siano stati registrati volontariamente, quanto nell’ipotesi in cui la registrazione risulti obbligatoria, perché redatti per atto pubblico o scrittura privata autenticata.
Alle operazioni di sottoscrizione di quote mediante apporto di fabbricati, rimangono invece applicabili anche per quanto riguarda la tassazione dei fondi d’investimento immobiliare, le imposte ipotecaria e catastale nelle ordinarie misure proporzionali, rispettivamente del 2 e dell’1%, qualora l’apporto abbia ad oggetto fabbricati abitativi apportati in regime di esenzione IVA, oppure dell’1,5 e 0,5% in caso di apporto di fabbricati strumentali. Le suddette imposte sono invece applicate nella misura fissa di euro 168 ciascuna in relazione agli apporti aventi ad oggetto una pluralità di immobili prevalentemente locati ai norma dell’art. 8, comma 1-bis, del decreto legge n. 351/01.