Scomparirà Equitalia… non è del tutto chiaro esattamente da quale data, ma secondo le dichiarazioni del governo entro il 2018: scomparirà Equitalia… o meglio sarà inglobata dall’Agenzia delle Entrate. Non proprio una vera scomparsa pertanto, ma certamente una rivoluzione.
Fin dai tempi di Paolo di Tarso, l’esattore delle tasse o delle imposte non godeva certo di buona fama, e non è un caso il fatto che il Cristo abbia deciso di convertire proprio Lui, alla carità, nel senso più compiuto del termine, dimostrando che nulla è impossibile a Dio.
C’è però da scommettere, che la riconversione dell’istituto, operata da Renzi, avrà poco a che fare con una santificazione. Vero è, invece, che un sistema tende a perdere la sua democraticità mano a mano che i poteri vengono concentrati.
Se si chiedesse ai cittadini se sono favorevoli ad una corretta riscossione delle tasse, evidentemente risponderebbero nella quasi totalità senza alcun dubbio. Ciò che ha rotto l’equilibrio non è infatti la giusta esigenza di uno stato di riscuotere il dovuto, e forse nemmeno la sanzione penitenziale che viene imposta a chi quelle tasse le ha evase o comunque non le ha pagate nei tempi dovuti. Ciò che ha rotto il rapporto con il cittadino, è stata la possibilità per l’ente esattivo, molto prima che un processo accertativo potesse passare in giudicato, prima cioè che l’asserito evasore fosse dimostrato tale, di accedere direttamente ai suoi conti correnti, violando il tradizionale segreta bancario, di effettuare direttamente un pignoramento con l’effetto di determinare l’insolvenza e il fallimento di un’impresa, di bloccare i beni aziendali di un imprenditore potenzialmente evasore e farlo fallire con disperati effetti sull’occupazione, prima che una commissione tributaria lo giudicasse, di ipotecare la casa di famiglia, e di impedirgli la vendita con cui avrebbe potuto saldare un’imposta ancorché pretesa con un processo tributario ancora in corso.
Ma tutto questo con Equitalia non ha nulla a che fare: ed è anzi quel volto oscuro del fisco che a ragione citava Rossella Orlandi raccogliendo così tante critiche. In questo senso, concentrare il potere accertativo e quello esecutivo nelle medesima organizzazione avrà, probabilmente effetti molto peggiorativi sugli effetti deteriori dell’esazione, accorciando ancora i termini nei quali il cittadino aveva almeno la possibilità di ricorrere ad un processo sommario davanti a una commissione tributaria per chiedere di valutare i “periculum in mora” e il “fumus bonis iuris” per chiedere la sospensione del procedimento almeno nei casi di palese erroneità degli atti. Così probabilmente non sarà più: lo stesso ente accertatore, decorsi i termini per il pagamento, senza perdere ulteriore tempo, magari dopo avere mandato un sms di garanzia al contribuente intimandogli di pagare entro 48 ore, potrà azionare il processo esecutivo, pignorare i conti correnti, determinare il fallimento della società, forse incassare il suo credito, causando però la cessazione di tanti soggetti, che in qualche modo sono proprio quelli che, con la loro produzione di reddito, e le loro tasse, mantengono il sistema.
Non c’è giudizio di valore in quello che scrivo, si scambia efficienza degli incassi, con democraticità. Certo, da un punto di vista cronologico, si torna indietro almeno di qualche secolo, ma non credo che nemmeno Renzi e il governo se ne siano resi conto, né i 5 stelle, certamente non un centro destra sopito o una sinistra che non esiste più! Tutti all’unisono invocano efficienza e maggiori incassi fiscali, pronti a vedere bruciare i villaggi, sperando di poter spremere di più i contadini. Efficienza contro efficacia, in un assurda spirale che, da tempo, non consente all’Italia di competere nel sistema globale. Ma forse, se si riscrivono alcune regole, c’è ancora tempo per evitare che sia davvero così.